In occasione della giornata mondiale dell’ambiente, gli esperti lanciano un appello verso scelte “green” in medicina


Dalla scelta dei farmaci da somministrare al mezzo di trasporto utilizzato per raggiungere la sede di un congresso, la comunità medica può fare molto per limitare l’impatto dell’oncologia sull’ambiente. In occasione della giornata mondiale dell’ambiente celebrata il 5 giugno, la Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) ha dedicato attenzione a questo tema con un’intervista a Mathilde Jalving, della University Medical Centre Groningen, nei Paesi Bassi, che è anche a capo della ESMO Climate Change Task Force.

Il concetto di One Health pone infatti l’accento sul legame imprescindibile tra salute di uomo, animali e ambiente e gli esperti della Società Europea di Oncologia Medica si chiedono cosa fare per essere parte di un cambiamento virtuoso, che spezzi o almeno rallenti la tendenza attuale.
In generale, sostenibilità significa fare in modo che le nostre attività non abbiano un impatto negativo sulle future generazioni. In oncologia, significa che il medico non solo deve essere consapevole del peso sull’ambiente delle proprie scelte di pratica clinica quotidiana, ma deve anche essere consapevole di come il cambiamento climatico condizioni lo sviluppo e la cura del cancro” afferma Jalving. La buona notizia è che l’interesse della comunità scientifica per questo tema è in crescita e sono numerosi gli studi che valutano l’impatto del cambiamento climatico sulla salute e più in particolare sul cancro.

Un lavoro pubblicato su Lancet Oncology cita diversi “effetti collaterali” del cambiamento climatico che possono aumentare l’incidenza di diversi tumori: l’inquinamento atmosferico, l’esposizione a radiazioni ultraviolette, sostanze tossiche nei cibi e nelle acque e proliferare di agenti infettivi. Ma ci sono anche aspetti meno evidenti, seppur altrettanto importanti da tenere in considerazione: per esempio, gli eventi climatici estremi spesso annullano le possibilità di fornire cure adeguate, creando falle nei sistemi sanitari nazionali.
Cosa può fare un medico per essere più “green”? “Ovviamente il nostro focus primario è sul paziente al quale dobbiamo fornire la cura migliore. Tuttavia, fissati questi confini, possiamo metter in campo piccolo azioni per dare iI buon esempio” afferma Jalving.

Ecco qualche idea da attuare a livello del singolo o dell’intera comunità.

Pensare al farmaco che si prescrive: un farmaco iniettabile crea più rifiuti di plastica (i materiali per l’infusione) rispetto a uno ad assunzione orale.
Scegliere per gli spostamenti mezzi meno inquinanti (il treno è meglio dell’aereo).
Sostituire, quando possibile, la visita in presenza con quella virtuale/telefonica per evitare lo spostamento del paziente.
Valutare possibili de-escalation dei trattamenti.
Benché si stia assistendo a una crescente consapevolezza del fatto che le nostre scelte professionali possono avere un impatto sull’ambiente, non sono ancora state sviluppate linee guida che possano guidare la nostra attività verso la sostenibilità” dice Jalving, che in ESMO guida una squadra di esperti nata nel 2019 con l’obiettivo principale di valutare l’impatto ambientale delle iniziative ESMO e di intraprendere azioni per renderle più sostenibili da questo punto di vista. “Abbiamo calcolato che in media ciascun partecipante al congresso ESMO ha prodotto circa 1,500 kg di CO2 e questa è stata la spinta per una serie di azioni volte a rendere il congresso più sostenibile, come stimolare l’uso del treno, digitalizzare le riviste ESMO, ridurre sprechi, aria condizionata e gadget in sede di evento e fornire pasti più sostenibili” aggiunge Jalving.

Fa parte di questo approccio l’iniziativa Train to ESMO, un viaggio virtuale organizzato nel 2020 in collaborazione con ESMO Young Oncologists Committee e sotto la spinta della pandemia: un’iniziativa che aiuta a sviluppare il concetto di meeting sostenibile.

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