Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), nel 2020 la prevalenza del diabete in Italia era del 5,9%, corrispondente a oltre 3,5 milioni di persone. Tuttavia, si stima che il numero reale di persone con diabete sia superiore, poiché circa un terzo dei casi non è diagnosticato. Questo fenomeno, noto come “diabete sommerso”, è causato da diversi fattori, tra cui la mancanza di sintomi (il diabete di tipo 2 può inizialmente non manifestare alcun sintomo), la scarsa consapevolezza della malattia (molti non sono a conoscenza dei fattori di rischio come l’obesità, l’età avanzata e la familiarità) e l’accesso limitato alle cure (in alcune aree del Paese, l’accesso alle cure diabetologiche può essere limitato, rendendo più difficile la diagnosi e il trattamento del diabete).
In base ai dati dell’ISS, si stima che il numero di cittadini italiani con diabete sommerso sia di circa 1,2 milioni di persone. Ciò significa che in Italia ci sono oltre 4,7 milioni di persone con diabete, di cui circa la metà non è a conoscenza della propria condizione. Questa è una critica situazione, in quanto può portare a complicazioni gravi come malattie cardiovascolari, malattie renali e gravi problemi agli occhi.
Oggi, con i notevoli miglioramenti nelle possibilità di diagnosi e cura, è imperativo organizzare uno screening di massa per il diabete sommerso utilizzando la determinazione dell’emoglobina glicata. Questo dovrebbe essere un obiettivo prioritario della salute pubblica, poiché una diagnosi precoce consente di prevenire gli effetti devastanti della malattia, avviando tempestivamente un trattamento personalizzato per il paziente. Questo screening dovrebbe beneficiare della trasformazione in atto della medicina territoriale, partendo dalle farmacie dei servizi fino alla completa implementazione delle case di comunità e degli studi associati dei medici di famiglia.
L’ampia offerta terapeutica è ora più accessibile grazie alla recente Nota 100 di AIFA, che finalmente autorizza la prescrizione di farmaci altamente efficaci anche alla medicina generale. Rientrano in questo senso farmaci come il Glifozine, farmaci che agiscono inibendo il co-trasportatore sodio glucosio SGLT-2 e che hanno dimostrato di ridurre le complicanze cardiovascolari e neurologiche del diabete di tipo II. Anche questi farmaci sono ora oggetto di prescrivibilità anche dai MMG che, in accordo con le associazioni dei medici diabetologi, stanno formandosi ed aggiornandosi progressivamente per un loro uso appropriato e possibilmente aderente. Ciò consente alle strutture specialistiche di concentrarsi prioritariamente sui casi più complessi e sull’adozione di dispositivi terapeutici avanzati, come i pancreas artificiali. Nonostante i progressi compiuti, rimane molto da fare. Gli strumenti sono disponibili, e le istituzioni devono organizzarsi di conseguenza, con una priorità sul risparmio di vite umane e una maggiore sostenibilità economica. Uno sguardo ai dati OECD sulle terapie croniche indica che l’invecchiamento della popolazione avrà un impatto significativo su tutte le patologie, compreso il diabete. La spesa per gli antidiabetici in Italia è al di sotto della media OECD, sollevando la questione della possibile sottostimazione del volume dei pazienti trattati rispetto ad altri paesi con un’offerta assistenziale paragonabile.
Infine, è essenziale affrontare la criticità derivante dall’uso spesso improprio di farmaci antidiabetici per il dimagrimento e dalla scarsa preferenza per i farmaci equivalenti, soprattutto nel sud Italia, dove la malattia è più diffusa. Il risparmio potrebbe contribuire all’aderenza e alla persistenza terapeutica, specialmente per i pazienti più svantaggiati. La diabetologia italiana, con la sua lunga tradizione, è robusta, e i risultati attesi non tarderanno a manifestarsi