Prova a cambiare pelle il Pnrr (Piano nazionale di Ripresa e Resilienza) che nella missione 6 intende rifondare l’assistenza territoriale puntando a ingenti investimenti per realizzare Case e ospedali di Comunità in grado di prendere in carico malati cronici e anziani fragili. Un Piano che quest’estate il governo ha provveduto a rimodulare riguardo all’impegno economico. Le Case di Comunità sono passate da 1350 a 936, le Centrali operative territoriali da 600 a 524 e gli Ospedali di Comunità sono scesi da 400 a 304. Ciò per fronteggiare l’incremento dei costi in ambito edilizio che, tra il 2021 e il 2023, sono cresciuti tra il 24% e il 66% a seconda delle Regioni.

IL MONITORAGGIO
Nel frattempo, a inizio ottobre è arrivata la terza tranche di finanziamenti pari a 18,5 miliardi di euro. Il Comitato europeo delle regioni, che riunisce Governatori e Sindaci di tutta Europa, nel suo rapporto annuale ha acceso i riflettori sull’efficacia degli indicatori PNRR per misurare i risultati degli investimenti.
Dal 3 maggio esiste poi l’Intergruppo parlamentare “Sanità e Ripresa”, che ha il doppio obiettivo di rafforzare il Ssn dopo la pandemia e monitorare l’utilizzo dei fondi del PNRR.
Antonella Guida, direttrice responsabile del distretto sanitario 12 di Caserta, è tra i consulenti tecnico scientifici che hanno il compito di far pervenire proposte e elaborati ai parlamentari su nodi di interesse diffuso.
“Ogni Regione ha il suo organismo tecnico specifico che fa il punto sull’avanzamento delle attività – ma sono visioni di settore avverte la manager che all’Università Federico II di Napoli coordina l’Osservatorio sullo stato di avanzamento del PNRR – noi abbiamo avuto l’ambizione di mettere a sistema tutte queste produzioni e renderle omogenee, verificando la coerenza dei risultati e cercando di accendere dei fari su tematiche specifiche”.
Prima di luglio il gruppo aveva evidenziato l’impossibilità di realizzare tutto quanto previsto nella Missione 6 del PNRR nei tempi stabiliti. “L’analisi del Governo ci ha poi dato ragione e ha limitato gli interventi alle ristrutturazioni, abbandonando le nuove costruzioni”. In questo momento sono in via di aggiornamento le schede di rilevazione e per fine ottobre o metà novembre si procederà a un’analisi sulle eventuali disuguaglianze che si possono verificare tra le regioni. Alcuni istituti specifici curano lo stato di avanzamento del PNRR per conto dei ministeri “e noi non ci vogliamo sostituire ma abbiamo l’ambizione di lavorare come ente terzo che mette insieme tanti aspetti e mostra le situazioni da altre prospettive”.

I TERRITORI
Secondo Antonella Guida proprio le disomogeneità dei livelli di assistenza tra le aree interne e quelle metropolitane potranno essere acuite anziché risolte da questa modifica del PNRR in ambito sanitario.
“Io credo sia possibile colmare queste eventuali disequità potenziando i servizi digitali che restano strumenti e non soluzioni. La tutela della salute dei cittadini che risiedono nei piccoli paesi e nelle isole è un punto importantissimo. Oltre a provare a forzare sulla digitalizzazione dei servizi, si potrebbe pensare di coinvolgere il terzo settore, che ha un suo ruolo e una sua competenza”. L’Intergruppo ha inoltre presentato una proposta di collaborazione sia al Ministero della Salute sia al Miur.
“Come Osservatorio abbiamo fornito il nostro contributo all’Intergruppo seguendo tre direttrici: l’analisi dello stato di avanzamento del PNRR, i bisogni formativi e la proposta formativa”, continua Guida”.
L’Osservatorio della Federico II ha riportato all’Intergruppo i risultati di un questionario diffuso a tutti gli operatori sanitari, prevalentemente della Regione Campania, sullo stato di conoscenza sul PNRR. “Abbiamo cercato di capire qual è il livello di consapevolezza dell’operatore sanitario sul Piano nazionale di ripresa e resilienza e quali sono gli ambiti in cui indirizzare percorsi formativi specifici”.
I risultati siano in corso di elaborazione ma Guida ha anticipato che almeno i due terzi degli operatori che hanno risposto hanno evidenziato bisogni formativi, mentre solo un terzo si è detto consapevole e ha dimostrato di aver compreso la visione del nuovo sistema proposto dal Piano.
Nello stesso tempo la Federico II ha avviato un corso di perfezionamento post universitario dedicato ai dirigenti dei servizi sanitari territoriali, per “rendere applicativo il Dm 77 (attuativo del Pnrr) e così attivare nuove competenze e skills per la programmazione e la gestione dei gruppi. “È necessario innovare le conoscenze che sono invecchiate. Il corso è quasi alla fine della prima edizione e proprio in questi giorni sta partendo il bando per la seconda annualità”.
Sulla rimodulazione del Pnrr le regioni non hanno an cora avuto chiari indirizzi sulle rimodulazioni. Il Ministero ancora non ha fatto sapere come atterrerà sui territori la rimodulazione che è stata proposta alla UE. La Campania è intanto andata avanti a prescindere e al 30 settembre sono state aggiudicate le gare di accordo quadro per tutte le strutture oggetto del contratto istituzionale di sviluppo. il tema è anche come verranno finanziate quelle che non saranno finanziate con il PNRR visto che la Campania è intenzionata a realizzarle tutte. Ma il nodo è capire anche se serviranno tutte le strutture programmate o occorre ripensare anche l’articolazione complessiva del Dm 77.

I MALATI CRONICI
Il tema delle risorse è intanto quello più pressante nelle settimane che segnano le tappe di avvicinamento alla manovra economica che mette nel piatto 3 miliardi in più. Recentemente la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha affermato che al di là delle risorse, è necessaria una migliore organizzazione.
Guida non si sottrae: “Che i finanziamenti a disposizione siano ridotti a causa dell’inflazione e degli eventi bellici è un dato di fatto. Tuttavia è vero che, parallelamente a un aumento delle risorse sarebbe necessario intervenire sulle sacche di inappropriatezza o di uso non ottimale delle risorse”.
Come direttore di distretto Guida sta sperimentando la digitalizzazione applicata alle malattie croniche, attraverso i Chronical center, un modello di presa in carico del paziente multidisciplinare e multispecialistico che “attraverso l’analisi dei suoi bisogni riceve un’agenda annuale dei controlli. “In questo modo eliminiamo i duplicati che probabilmente avremmo se il paziente fosse gestito solo dal medico curante o dai singoli specialisti”.
Uno degli obiettivi dei Chronical center è fornire a ogni paziente un’agenda annuale dei controlli per evitare la duplicazione delle prestazioni. Per ciascun paziente si elabora quindi un file unico annuale, con un’agenda di trattazione per 12 mesi che permette di evitare duplicazioni delle prestazioni e di seguire il paziente più da vicino, riuscendo a intercettare prima una riacutizzazione di una patologia cronica ed evitando per esempio l’accesso in ospedale.
“Abbiamo inoltre attivato dei servizi a domicilio che non sono Adi: si chiamano Uca, Unità di Continuità assistenziale e sono ispirate alle Usca che abbiamo sperimentato durante la pandemia”. Queste unità permettono l’invio, anche occasionale, di medici e infermieri al domicilio del paziente per gestire delle prestazioni di media complessità. La grande sfida è sulle patologie a larga diffusione, penso al diabete e alle sue complicazioni”, continua Guida. I problemi organizzativi e culturali di personale sanitario e pazienti si possono superare “attuando processi di change management: se non c’è un percorso alla base del cambiamento, non convinci nessuno a cambiare. Sulle nuove progettualità che stiamo sviluppando è necessario avere un’idea chiara sul punto di partenza, gli obiettivi e i mezzi a disposizione. È poi necessario condividere questa idea con chi la deve applicare. Questo significa svolgere un lavoro di preparazione, di analisi, di studio e di messa a terra delle varie criticità”. E i problemi organizzativi e culturali di personale sanitario e pazienti si possono superare attuando processi di change management
In questo modo, in base all’esperienza di Guida, la resistenza iniziale si è trasformata in collaborazione: “È successo per esempio con i medici di medicina generale. In un anno e mezzo siamo riusciti a seguire circa 1.600 pazienti in questo modo. Abbiamo diagnosticato loro delle patologie oncologiche non ancora espresse, quindi hanno potuto godere di un trattamento precoce”. 
Gli altri elementi importanti sono il monitoraggio e la motivazione interna: “Occorre tenere sempre alta l’attenzione degli operatori, coinvolgendo l’intero comparto. L’infermiere di comunità non va inventato ma sostenuto, accompagnando questi percorsi con leve motivazionali individuali. A latere dell’implementazione dei Chronic Center ho sempre cercato di aggiungere percorsi formativi innovativi che potessero aprire la mente agli operatori su altre modalità di lavoro. E una volta raggiunto l’obiettivo non ci si ferma: il progetto va semprecurato e seguito, rimodulato se serve. Il rischio della routine, infatti, è perdere la capacità di attenzione e innovazione”.

LE COMPETENZE
In questo momento i due problemi che attanagliano il Ssn riguardano la gestione delle liste d’attesa e la carenza di personale. Per abbattere le prime, secondo Guida, “bisogna rendere ordinari nel pubblico alcuni meccanismi che utilizza anche il privato, come l’overbooking e l’attività di recall, con tutti i mezzi possibili. Non solo la telefonata ma anche l’sms e il whatsapp, chiedendo al paziente di confermare o disdire”. E’ poi necessario lavorare sui codici di priorità: “Un codice di urgenza non può essere un escamotage per superare le liste d’attesa”. Alcuni meccanismi che utilizza il privato, come l’attività di recall con tutti i mezzi possibili, vanno applicati anche alla sanità pubblica, per gestire meglio le liste d’attesa.
Le liste d’attesa non sono diffuse nello stesso modo ovunque: ci sono delle specialità che sono più in sofferenza: “Occorre riorientare l’organizzazione sulle branche a maggiore domanda, formando anche il personale di comparto, che può essere di supporto per velocizzare le prestazioni. Infine, inserire i pazienti in Pdta probabilmente ridurrebbe il problema”.
Sul personale sanitario, Guida ritiene infine che la valorizzazione di professionalità come infermieri e Oss possa aiutare a sviluppare azioni di supporto e collaborazioni.
“Vanno ripartiti i profili di competenza, ridistribuendo meglio il lavoro. Se non siamo tanti, dobbiamo capire che questo è necessario”.