La ricerca, svolta in collaborazione con la Mayo Clinic (Arizona) e con l’Università di Miami (Florida) e appena pubblicata sulla rivista ‘Nature Communications’, ‘’ha messo in evidenza l’importanza dell’utilizzo di tecniche avanzate di risonanza magnetica multi-parametrica in congiunzione con un’accurata caratterizzazione molecolare nella lotta contro questi tumori cerebrali molto aggressivi e dall’esito universalmente fatale’’. A dichiararlo è la dottoressa Francesca Pia Caruso, del Laboratorio di Bioinformatica e Biologia Computazionale dell’Istituto arianese e co-primo autore dello studio, precisando che la ricerca, incentrata sulla caratterizzazione molecolare e fenotipica di popolazioni di cellule tumorali invasive non resecabili chirurgicamente, è basata sull’integrazione di dati di sequenziamento molecolare di 313 biopsie multiregionali da 68 pazienti, con immagini di risonanza magnetica (MRI) multi-parametrica.
‘’L’analisi dell’intero esoma e il sequenziamento dell’RNA – chiarisce la dottoressa Francesca Pia Caruso – hanno rivelato alterazioni genomiche uniche nel tumore invasivo, caratterizzato da mutazioni subclonali e mosaicismo intratumorale’’. ‘’Ad esempio – continua Caruso – sebbene le alterazioni dei geni EGFR e NF1 si verifichino come eventi mutualmente esclusivi nel 98,7% dei tumori, sono stati identificati rari casi di co-alterazioni nelle regioni infiltranti, suggerendo un loro ruolo nella recidiva tumorale’’. 
“Le regioni maggiormente infiltrate dal tumore – spiega il professore Michele Ceccarelli, responsabile del Laboratorio di Bioinformatica e Biologia Computazionale di Biogem – sono costituite da sottopopolazioni cellulari che attivano due programmi trascrizionali alternativi, uno neuronale (NEU) e uno glicolitico/plurimetabolico (GPM)’’. “L’aspetto più interessante di questa ricerca – conferma, infine, lo stesso Ceccarelli – è stato dimostrare che questi fenotipi possono essere associati ad alcune caratteristiche di immagini di risonanza magnetica multi-parametrica, consentendo il rapido riconoscimento di sottopopolazioni tumorali più aggressive, e, quindi, una migliore scelta delle strategie terapeutiche”.