Emergenza psichiatria, le priorità per la Salute mentale

(ANSA) – NAPOLI, 22 MAG – “Non spetta agli psichiatri, in quanto medici della mente, “curare” la violenza e proteggere l’incolumità di operatori e cittadini – hanno spiegato gli psichiatri – un soggetto violento deve essere neutralizzato dalle forze dell’ordine e poi richiedere, se utile e necessario, l’intervento curativo e riabilitativo del personale dei servizi di Psichiatria”. Di più: “La circolare del ministero degli Interni diramata negli anni scorsi che demanda alla Salute mentale gli interventi contenitivi per i pazienti classificati con disturbo antisociale della personalità deve essere rivista – ha aggiunto Michele Sanza direttore del dipartimento di Salute mentale di Forlì Cesena e componente del board di coordinamento dei dipartimenti di Salute mentale in Italia – urge un tavolo interministeriale che coinvolga Salute ed interni e che dia spazio alle rappresentanze degli operatori dei Dipartimenti anche all’interno del tavolo sulla Psichiatria di recente attivato dal ministero”. Bisogna riprogrammare la psichiatria in Italia superando ogni steccato ideologico, senza toccare minimamente le tutele offerte ai malati dalla legge Basaglia-Orsini fondativa del Servizio Sanitario nazionale nel 1978. In sintesi spetta alle forze dell’ordine alla magistratura e ai luoghi deputati alla custodia di autori dei reati assicurare la sicurezza di personale e cittadini. Non sono i centri di salute mentale né le strutture riabilitative il luogo per attuare queste misure in un malinteso senso della legge di tutela dei malati di mente. Inaccettabile infine ritenere i medici e gli psichiatri penalmente responsabili dei gravi reati che alcuni soggetti in carico ai servizi commettono. Nodi irrisolti in un quadro epidemiologico, finanziario, strutturale, strumentale e di personale della psichiatria in Italia drammatico. Non solo vanno messi in sicurezza gli operatori sanitari ma serve più personale per garantire i Lea”. Il Italia il 6% della popolazione generale ha un disturbo mentale grave e senza risorse i dipartimenti di Salute mentale diventano come i chirurghi senza anestesisti, gli infettivologi senza antibiotici. “Questo incontro di oggi tra tutti gli operatori dei dipartimenti italiani – ha sottolineato Ducci – è un momento decisivo per raccogliere le istanze di tutto il mondo della Salute mentale. Nei Dipartimenti non ci sono solo psichiatri ma anche psicologi, assistenti sociali, terapisti della riabilitazione, infermieri e altri operatori in collegamento con l’intero mondo della sanità in grande difficoltà in questo momento”. “Non abbiamo bisogno di leggi speciali – ha proseguito lo psichiatra – come non ci sono leggi speciali per la cardiologia. Abbiamo invece bisogno di una riforma del Codice Penale, dell’abolizione degli articoli 88 e 89 del Codice Penale e anche di una profonda revisione della Legge 81 che ha chiuso gli ospedali psichiatrici giudiziari. La Salute mentale deve stare al centro dell’agenda politica di questo Paese”. “Mancano le persone, i fondi e l’organizzazione non è uguale in tutte le regioni italiane” ha poi aggiunto Enrico Zanalda del Dipartimento Interaziendale di Salute Mentale della Asl Torino 3 e presidente della Società Italiana di Psichiatria Forense- “Anche la Legge 81 del 2014, che ha superato gli ospedali psichiatrici giudiziari – ha proseguito- ha dato ai Dipartimenti di Salute Mentale compiti che sono al di sopra delle loro possibilità”. Sono i numeri a dire che i disturbi psichici sono in aumento. Gli ultimi dati dell’Oms indicano una persona su otto soffre di disturbi psichici, circa 17 milioni in Italia. “Quella dello psichiatra oggi – ha poi aggiunto Starace – è la stessa condizione del chirurgo chiamato ad intervenire senza anestesista, dell’infettivologo che dispone di un solo blister di antibiotici da suddividere tra pazienti che necessitano di terapie a lungo termine. Se è vero che mancano risorse è altrettanto vero che nell’illusione di poter dare risposta a tutti i bisogni di salute mentale della popolazione si finisce col fare male e corrompere il rapporto fiduciario con i cittadini. Bisogna usare bene i soldi e verificare le azioni. Tra le attività condotte dal Tavolo tecnico multidisciplinare in funzione fino a pochi giorni orsono abbiamo documentato inadempienze al Piano d’Azione Nazionale Salute Mentale, a 10 anni dalla sua approvazione, da parte della metà delle Regioni. Recenti analisi sui percorsi di cura in Lombardia Veneto ed Emila (regioni benchmark, figuriamoci le altre) segnalano che le attività erogate sono meno della metà di quelle necessarie in termini di interventi fondati su evidenze consolidate da anni alle persone con diagnosi di schizofrenia. Per non parlare del monitoraggio della salute fisica nei pazienti con disturbi mentali, che hanno una attesa di vita di 20 anni inferiore rispetto alla popolazione generale. Prima di porre in atto qualsiasi scelta innovativa buonsenso vorrebbe che si partisse da un’attenta valutazione di cosa ha funzionato, cosa va modificato, cosa va accantonato perché non produce valore aggiunto. E occorre considerare le interazioni profonde e significative che il sistema di cura per la salute mentale ha con le politiche sociali, con il sistema giustizia che garantisce l’ordine pubblico. La Salute mentale non può essere il contenitore indifferenziato in cui si riversano le contraddizioni che un approccio settoriale inevitabilmente determina”. I TEMI Sicurezza, psichiatria e giustizia: la salute mentale è elemento fondante non solo della salute della popolazione generale ma anche della convivenza civile. Investire in questo campo ha un ritorno immediato in tutti i campi, dalla scuola e università, al mondo del lavoro, all’integrazione e alla sicurezza sociale. Nel medio termine, molti autorevoli studi valutano in termini di incremento del Pil gli investimenti in salute mentale. Lo scenario attuale, al contrario è caratterizzato da un crescente divario tra bisogni e risposte. Da un lato assistiamo all’incremento costante dell’incidenza dei disturbi mentali gravi, in particolare della dis-regolazione in adolescenza, sia sul versante esternalizzante (Dca, disturbi di personalità, autolesionismo, poliabuso di sostanze, violenza) che internalizzante (depressione, ansia, ritiro sociale), oltre che alla vera pandemia dei casi di co-morbilità con l’uso di sostanze e al dato stabile dei disturbi del neuro-sviluppo come i Disturbi dello spettro autistico (DSA), ADHD, Schizofrenia e Disturbo bipolare (insieme rappresentano oltre il 6% della popolazione generale); dall’altro ci troviamo di fronte ad un enorme e drammatico problema di carenza di risorse umane, più grave nell’ambito della salute mentale che negli altri campi della sanità. La quota del Fsn dedicata alla salute mentale, definita dalla Stato Regioni al 5% nel 2001, è oggi in media inferiore al 3%. Ciò rende vano qualunque cambiamento organizzativo che possa cogliere i bisogni emergenti e mina l’efficacia degli interventi, sia di natura psicosociale che farmacologica. A ciò si aggiunge l’emergenza drammatica dei pazienti autori di reato, cresciuti a dismisura dopo la legge che ha chiuso gli Opg, emergenza che ricade totalmente sui Dsm che sono tenuti oggi anche a compiti di custodia. Infine va rimarcato come il Pnrr ignori totalmente la salute mentale, puntando su investimenti strutturali in conto capitale piuttosto che sulla spesa corrente. È necessario quindi riportare la salute mentale al centro dell’agenda politica del paese. I Dsm italiani vogliono farlo segnalando l’urgenza e proponendo dati e strumenti secondo un approccio clinico e scientifico. (ANSA).

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