(ANSA) – NAPOLI, 12 MAG – L’arcivescovo di Napoli monsignor Domenico Battaglia ha affidato a don Leonardo Zeccolella, coordinatore dell’ufficio diocesano pastorale della Salute, il discorso di apertura del convegno che si svolge al Royal Continental sull’emergenza sociale rappresentata dalla denatalità.


    Un appello alla vita, quello di monsignor Battaglia, per un problema dai contorni socio economici drammatici anche al Sud: solo le province di Napoli e Caserta mantengono una media di nuovi nati superiore a quella italiana, e le aree interne sono scivolate in coda per fertilità delle donne e tassi di natalità.


    La politica? E’ pronta a fare la sua parte: “Sta per partire un progetto in gemellaggio con la provincia di Trento e Bolzano che negli ultimi anni hanno fatto grandi investimenti per il sostegno alla genitorialità – – ha annunciato Lucia Fortini, assessore regionale alla famiglia e alla Politiche sociali – e sono diventata la provincia italiana a più alta natalità”. Un progetto pilota con finanziamenti regionali che sarà attuato in Valle Caudina. “Si tratta di attivare servizi in una piccola comunità – ha aggiunto Fortini – per favorire la natalità e genitorialità. Il problema dei piccoli centri riguarda anche le scuole. Da quando sono assessore la Campania ha perso 200 mila studenti, 15 mila in meno ogni anno che significa meno studenti meno scuole, meno docenti e dirigenti scolastici e personale Ata. Per il prossimo anno scolastico avremo 50 plessi in meno, 150 nei prossimi anni. Nella finanziaria sono previsti tagli e ridimensionamenti già legge dello Stato prima dell’Autonomia differenziata. In qualche anno perderemo 4-5 mila posti di lavoro tra docenti, tecnici dirigenti scolastici e altro personale e 15 mila posti di lavoro a tempo indeterminato che incideranno ancora di più sulla natalità. Tagli che si concentrano nelle zone interne dove senza personale le scuole chiuderanno”. Uno tsunami quello della denatalità che investe l’economia, la tenuta sociale, la struttura della comunità,, la sostenibilità dei servizi. Un nodo di cui la politica si occuperà compiutamente solo quando l’opinione pubblica diventerà consapevole della portata di questo problema. “Oggi – ha detto Bruno Ferraro, direttore scientifico del congresso e primario dell’unità di fisiopatologia della riproduzione umana dell’ospedale di Marcianise – in Italia non si nasce più nemmeno al Sud. Occorrono sostegno economico e servizi adeguati. Solo la metà dei giovani crede di avere almeno due figli durante la sua vita. E così l’Europa diventa il Vecchio Continente non per la sua storia ma per la sua età avanzata e il Sud dei giovani invecchia sempre più rapidamente e si allinea ai dati del resto d’Italia. “Ogni anno in Italia scompare una città di 200 mila abitanti e anche se il dato numerico della popolazione può sembrare stabile in termini assoluti – ha sottolineato Maria Gabriella Grassia ordinario di Statistica al dipartimento di Scienze sociali della Federico II – in realtà è la struttura della piramide sociale che va sovvertendosi e la base, costituita dalle fasce di popolazione più giovane, quelle che sostengono la natalità, va assottigliandosi in maniera preoccupante”. Poi il tema dell’aborto: In Italia si contano 5,8 aborti per mille abitanti, 5,26 in Campania. Bambini che quasi raddoppierebbero il tasso di natalità per ogni mille donne”. “Non è solo un problema economico – ha concluso Spinosa – la denatalità colpisce anche le fasce più istruite della popolazione. Le donne hanno soprattutto paura di essere bloccate nella carriera. Servono reti sanitarie e sociali che funzionino per sostenere donne, famiglie e genitorialità. Family act e Piano nazionale per le famiglie – ha aggiunto – e gli investimenti del Pnrr nei consultori familiari nati nel 1975 ma attualissimi, gli strumenti per venire fuori dall’inverno demografico. Lo Stato deve investire nel miglioramento della condizione femminile e mettere la società in grado di avere figli. Per decidere di fare bambini i giovani hanno bisogno di tre cose: un lavoro certo, una casa e un sistema di welfare per l’infanzia. Non dobbiamo inventarci nulla”. Scende intanto l’età media: 46,2 anni in Italia e 43 in Campania dove si invecchia di più e più rapidamente che nel resto d’Italia. Per ogni giovane in Italia ci sono 1,8 anziani. Per 100 giovani 187 anziani e in Campania oggi ci sono 143 anziani per 100 giovani. E molti giovani vanno via: la Campania è intanto anche le regione che esporta più studenti fuori sede perché fuori dai confini regionali si trova più lavoro.(ANSA).

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