L’Italia di conferma uno dei Paesi più longevi d’Europa  

Continua nel 2024 il declino demografico italiano e la fecondità raggiunge il minimo storico (1,18 figli per donna) con alcune differenze tra le varie regioni. Di contro cresce in media in Italia di 4 mesi la speranza di vita rispetto al 2023. Una ripresa dovuta anche al superamento dello scoglio del Covid, ormai alle spalle, che aveva intaccato la longevità della popolazione italiana che resta sopra la media in Europa e al secondo posto
Un bambino che nasce in Italia ha dunque un’attesa di vita media di 83,5 anni contro 83,1 di chi è nato nel 2023) ma se è una donna potrà arrivare a 85,5 se è maschio si fermerà in media a 81,4 mentre permangono notevoli differenze regionali e la Campania si conferma la regione con la più bassa speranza di vita alla nascita (81,8 contro 83,5 della media tra le regioni) mentre il tasso di mortalità per tutte le cause per 1000 residenti, con 10,1, è il più basso in Italia in Campania dopo il Trentino Alto Adige (che è attestato a 9) ed è quasi in linea con quello della Lombardia che però, con 84,2, detiene una delle medie più alte di aspettativa di vita alla nascita in un Paese come l’Italia che comunque si colloca al secondo posto in Europa.  La provincia di Caserta è quella che detiene il primato in Italia per minore speranza di vita per la componente maschile (79,3 vs 81,4 nazionale) e la provincia di Salerno in Campania con 80,5 è quella con la maggiore aspettativa di vita alla nascita.    E’ invece la Liguria è la regione più anziana e col tasso di mortalità più alto d’Italia (13,9 vs 11,0). L’età media degli italiani si attesta a 46,8 anni e un quarto della popolazione è over 65. Boom delle emigrazioni per l’estero: ben 156 mila cittadini italiani nel 2024 sono espatriati (+ 36,5%) soprattutto verso Germania, Spagna e Regno Unito. Cresce sempre nel 2024 la popolazione straniera residente in Italia (+ 166 mila unità).
La tabella illustra i principali indicatori demografici delle Regioni d’Italia (Fonte: ISTAT).

Dopo un calo superiore alla media, pari a 1,3 anni, dovuto ai decessi Covid nel 2020, l’aspettativa di vita dell’Italia ha iniziato una progressiva ripresa e nel 2023 ha superato leggermente i livelli pre-pandemia confermando questo trend nel 2024. Un fenomeno del resto osservato nella maggior parte degli altri Paesi dell’Unione europea. La differenza di aspettativa di vita tra uomini e donne nel nostro Paese è comune a tutta Europa sebbene le donne italiane trascorrono una percentuale maggiore della loro vita con problemi di salute e limitazioni dell’attività (20%) rispetto agli uomini italiani (17%). Un divario di genere negli anni di vita in buona salute inferiore a un anno e non rilevante dunque.

L’Italia potrebbe fare ancora meglio se puntasse sulla prevenzione e su stili di vita sani visto che i tassi di attività fisica sono tra i più bassi dell’Unione europea e solo il 20% circa soddisfa il livello minimo raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) di almeno 150 minuti a settimana a fronte di una media Ue del 32%”. In Italia. Meno del 10% degli ultra 65enni effettua gli escizi con frequenza e intensità raccomandati rispetto al 22% medio dell’Ue. Ma non va meglio fra i giovanissimi che in alcune province del Sud scontano alti livelli di obesità e sovrappeso in Campania addirittura record rispetto a tutto il resto d’Europa  e solo l’11% degli 11enni aderisce alle linee guida e solo il 5% tra i 15enni. Si stima che l’insufficiente attività fisica in Italia costerà al Paese 1,3 miliardi di euro l’anno in costi sanitari aggiuntivi con proiezioni al 2050 colpendo tutte le fasce d’età. Uso intensivo dei telefoni cellulati e device elettronici, mancanza di attività fisica all’aperto o in palestra, cattiva alimentazione e utilizzo di alimenti molto processati sono i mali da combattere per vivere a lungo e soprattutto il Salute prevenendo le principali malattie cardiovascolari e le cronicità degenerative.

Tra i nodi da affrontare resta anche quello della denatalità: l’inverno demografico per l’Italia è diventato una vera e propria emergenza sociale ma la piaga si è estesa progressivamente anche al Sud e ora rischia di contagiare tutti gli aspetti della vita economica, compresa la sostenibilità dei servizi di assistenza e welfare. Per comprendere la portata di questo allineamento basta un solo dato: negli ultimi 20 anni, dal 2002 al 2022, l’indice medio di natalità in Italia è passato da 9,4 nati per mille abitanti a 6,7 (sceso a 6,3 nel 2024) ma in Campania è sceso percentualmente di più passando da 11,4 a 7,9 (7,4 nel 2024). “Nel 2021 l’indice di fertilità misurato come numero di figli per ciascuna donna – avverte Maria Gabriella Grassia docente di Statistica presso il dipartimento di Scienze sociali dell’Università Federico II di Napoli – è stato di 1,25 in media in Italia, 1,26 nel Nord ovest del Paese, 1,31 nel Nord est, 1,19 al Centro, 1,23 al Sud, e 1,27 nelle isole. La Campania, con 1,28, si allinea a quest’ultimo dato ma con sensibili differenze tra le varie province e solo Napoli (1,33) e Caserta (1,26) e in parte Salerno (1,25) tengono alta questa media mentre Avellino e Benevento, rispettivamente a 1,11 e 1,12, nati per donna scivolano ai livelli più bassi nel Paese”. Non è un caso che nel 2022, la provincia di Caserta è l’unica al Sud a segnare un rapporto positivo tra lavoratori attivi e pensionati (104 su 100 percettori di assegno di vecchiaia o anzianità), in linea con quello del Nord est, zona trainante per il Paese, e tra 2021 e 2022 registra un sensibile incremento del tasso di natalità, del 3,8%, contro il 2,5% di Napoli, l’1,4% di Salerno, l’arretramento di Avellino di 3,1 punti percentuali mentre non fa testo l’avanzamento del 6,3 per cento di Bebevento dove i tassi di fertilità e di natalità sono talmente bassi da non mutare il quadro.  “Le azioni da attuare – avverte Tiziana Spinosa esperta di Sanità pubblica – sono quelle previste dal family act e dal Pnrr ossia in primis il potenziamento in numero e funzioni dei consultori che soprattutto nei piccoli centri rappresentano un faro per la prevenzione e l’orientamento a una maternità responsabile integrata con politiche sociali a supporto della genitorialità e alle politiche di prevenzione dell’infertilità di coppia”. Fari puntati anche sulla scuola come luogo per la prevenzione di comportamenti a rischio per la salute relativi all’uso di droga e alcol da parte dei giovani con uno sguardo all’ambiente e agli stili di vita quali determinanti di salute in grado di incidere sulla riproduzione umana senza trascurare i temi della natalità come valore nella spiritualità della famiglia e il ruolo della Chiesa e l’impatto sulla natalità dell’immigrazione.

Quel che è certo è che le culle vuote al Sud, a fronte di una maggiore fragilità del tessuto produttivo, potrebbero fare ancora più danni al già tenue rapporto tra lavoratori attivi e quelli che invece percepiscono un assegno di pensione. “Quel che è certo è che il rigore dell’inverno demografico che colpisce l’Italia, (il Paese a più basso indice di natalità in Europa), riguarda oggi anche e soprattutto il Sud – aggiunge Bruno Ferraro ginecologo presso l’ospedale di Marcianise responsabile di un’intà per la Pma  – che segna un decremento di 6,3 per mille residenti a fronte del -2,6‰ del Centro Italia e di -0,9‰ del Nord”. Le regioni italiane in cui si è persa più popolazione in Italia sono Basilicata, Molise, Sardegna e Calabria mentre la Campania resta stabile solo perché regge la natalità di Napoli e Caserta. Il Comune di Orta di Atella per esempio è il più giovane d’Italia (media di 35,7 anni). Pesa anche al Sud la progressiva erosione della quota di popolazione femminile fertile, la mancanza di asili nido e sostegni alle madri lavoratrici, le maternità precoci e non responsabili che col tempo vengono riassorbite. Senza contare la pressione di fattori ambientali e stili di vita anch’essi in peggioramento al sud le ragioni della diminuzione del numero medio di figli per donna che come detto riguarda nel 2023 sia il Nord sia il Centro Italia, dove si registrano valori rispettivamente pari a 1,26 e 1,16 (nel 2021 erano pari a 1,28 e 1,19). Ma l’aumento del Mezzogiorno è talmente basso (il numero medio di figli per donna si attesta a 1,26 contro 1,25 nell’anno precedente) da delineare un sostanziale allineamento al resto del Paese.

MORTALITA’ E SPERANZA DI VITA * Anno 2024ETA’ MEDIAOVER 65 %NATALITA’ x 1.000 ResidentiMORTALITA’ x 1.000 Residenti  Speranza di Vita MASCHI – anniSperanza di Vita FEMMINE – anni  Speranza di Vita MEDIA – Anni∆ 2024 su 2023 MASCHI – Mesi
PIEMONTE48,127%5,812,481,485,483,45
VALLE D’AOSTA47,726%5,211,681,184,682,90
LOMBARDIA46,424%6,410,282,286,184,24
TRENTINO ALTO ADIGE45,023%7,69,082,786,784,74
VENETO47,125%6,210,482,286,384,35
FRIULI VENEZIA GIULIA48,627%5,812,381,686,083,84
LIGURIA49,629%5,513,981,585,683,64
EMILIA – ROMAGNA47,125%6,311,382,385,984,15
TOSCANA48,227%5,712,182,285,984,13
UMBRIA48,427%5,512,482,085,984,05
MARCHE47,927%5,611,882,286,284,23
LAZIO46,724%6,010,681,385,383,34
ABRUZZO47,626%5,811,781,285,683,47
MOLISE48,327%5,413,580,185,082,62
CAMPANIA44,521%7,410,179,783,881,84
PUGLIA46,725%6,210,881,185,283,23
BASILICATA47,626%5,711,680,985,283,16
CALABRIA46,224%6,911,380,184,782,44
SICILIA45,724%7,011,080,284,282,25
SARDEGNA49,227%4,511,880,385,582,93
ITALIA46,825%6,311,081,485,583,54