Verificare i cambiamenti dei parametri bioematici in condizioni estreme: sono questi i presupposti di un esperimento dell’Università di Padova e dell’ospedale Cardarelli di Napoli che mira a studiare gli effetti della vita subacquea sul corpo umano. In dettaglio, l’esperimento ha previsto l’installazione di cyclette e altri strumenti sui fondali, dove i volontari hanno svolto attività fisica mentre venivano prelevati campioni di sangue. Questa ricerca mira a comprendere come il corpo umano reagisce alla pressione e ad altre condizioni tipiche della vita subacquea, attraverso analisi mediche effettuate in un ambiente insolito.
Protagonisti il professor Gerardo Bosco del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova in collaborazione con il centro Iperbarico ed attività anestesiologica in elezione del Dipartimento di anestesia e rianimazione del Cardarelli di Napoli diretto da Antonio Frangiosa con la partecipazione degli anestesisti rianimatori dell’ospedale napoletano Mariano Marmo, Vincenzo Maffei e Rosario Cifali. L’assistenza tecnica subacquea è fornita dalla “Acquavet Sas.” Si Paolo Ardizio. Parte delle immagini sott’acqua girate da Tommaso Antonio Giacon.
Nel week end appena trascorso sono stati impegnati al largo di Procida per le indagini iniziate lo scorso anno su campioni ematici arteriosi prelevati direttamente in profondità in apneisti e subacquei.
Si tratta della prima volta in assoluto che tali esperimenti avvengono in mare aperto: “Gli “ambienti estremi” infatti pongono molteplici sfide per l’adattamento del corpo umano, non ancora del tutto svelate, che si riflettono anche nella medicina delle emergenze (sincopi, incidenti in mare, procedure d’urgenza in rianimazione) spiega Marmo.
L’esperimento si è svolto come detto nei mari di Procida, di fronte alla Corricella, con la terza ed ultima tappa dell’esperimento su apneisti e subacquei con bombole di ossigeno direttamente a 15 e 40 metri di profondità. Il prelievo di sangue è stato eseguito in tempo reale dai rubinetti dell’arteria radiale. “La prima tappa del progetto – aggiunge Marmo, si è già tenuta a giugno 2024 a largo di Castellammare di Stabia, la seconda a settembre 2024 alle Tremiti”.
Lo studio è condotto con l’Office of Naval Research della Marina Militare degli Stati Uniti e il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova e si avvale degli anestesisti dell’Aorn “Antonio Cardarelli” di Napoli per le procedure di incannulamento arterioso dei soggetti coinvolti, mentre a livello internazionale della collaborazione con la Duke University, l’University of Maryland e l’University of St. Andrews.
Chi si è immerso ha trovato sui fondali una cyclette su cui pedalare mentre in tempo reale sono stati effettuati esami polmonari, cardiologici, prelievi arteriosi e venosi per valutare i livelli di gas nel sangue durante le immersioni.
I volontari non sono stati costretti a risalire in superficie, a bordo dell’imbarcazione, perché sono stati monitorati in diretta sott’acqua.
Gli esperimenti forniranno indicazioni fondamentali sulle variazioni fisiologiche che avvengono in un corpo che si trova in profondità e che lavora consumando ossigeno. Nel complesso lo studio si propone di verificare le variazioni dei gas ematici arteriosi in profondità, con particolare attenzione alle variazioni delle pressioni parziali arteriose di CO2 e ossigeno, in acqua di mare aperto; rilevare l’ipossia correlata all’apnea dovuta all’atelettasia utilizzando l’emogasanalisi arteriosa e l’ecografia polmonare e valutare gli impatti sull’ossigenazione del sangue cerebrale, sulla variazione del volume del sangue cerebrale, sulla SpO2 e sulla frequenza cardiaca mediante spettroscopia ad infrarossi ad onda continua (NIRS); rilevare l’edema interstiziale polmonare lieve o l’atelettasia con l’ecografia polmonare in profondità; studiare biomarcatori sensibili allo stress cardiovascolare tra i subacquei in apnea e gli SCUBA.
Per ciò che riguarda quest’ultimo punto è ormai noto che i fattori che limitano la sicurezza in immersione durante lo sforzo subacqueo sono legati alla formazione di microbolle (MB), alle microparticelle (MP) e all’infiammazione, tutti possibili fattori che contribuiscono alla malattia da decompressione (DCI) con diverse interconnessioni. Anche l’asse neurotrofico/dopamina può essere coinvolto negli adattamenti fisiopatologici all’ambiente subacqueo.
A Procida è stato allestito un vero e proprio laboratorio subacqueo temporaneo dove volontari apneisti e subacquei si sono sottoposti ad analisi del sangue in mare aperto. Questa iniziativa, svolta tra le gorgonie e i pesci.