Una malattia che colpisce circa 10.000/15.000 persone in Italia, con prevalenza tra 6,4-37 casi ogni 100.000 abitanti e incidenza tra 0,8-2,3 nuovi casi ogni 100.000 persone all’anno e generalmente pazienti giovani (30/40 anni) in piena età lavorativa.

Milano, 19 maggio 2025 – L’ipoparatiroidismo è una patologia rara in cui le ghiandole paratiroidi non producono quantità sufficienti di ormone paratiroideo (PTH) comportando squilibri nel metabolismo di calcio e fosforo, con l’insorgenza di disturbi collegati di diversa entità/gravità che possono essere non sempre facilmente identificabili. Nonostante la ricerca stia producendo interessanti avanzamenti terapeutici che potrebbero garantire ai pazienti una qualità di vita nettamente migliore, restano problematiche relative ad una diagnosi tardiva, al poco coordinamento tra le varie specialità cliniche, alla difficile gestione della malattia tra presa in carico e follow-up. Di questi aspetti si è parlato al Convegno “Innovazione organizzativa nei percorsi di diagnosi, cura, follow-up. Focus on Ipoparatiroidismo: REGIONE LOMBARDIA”, organizzato da Motore Sanità e realizzato grazie al contributo non condizionato di Ascendis Pharma
I sintomi comuni vanno dal formicolio alle mani o alla bocca, ai crampi muscolari e nei casi più gravi fino alla tetania. Nei casi più severi si possono verificare diverse malattie d’organo, anomalie scheletriche, calcificazione dei gangli della base, vitiligine, manifestazioni renali. Le complicanze più comuni dell’ipoparatiroidismo cronico sono cataratta (17%), infezioni (11%), nefrocalcinosi, nefrolitiasi (15%), insufficienza renale (12%), convulsioni (11%), depressione (9%), malattia cardiaca ischemica (7%), aritmie (7%). In Italia è stato calcolato che ogni anno si verificano oltre 3000 ricoveri ospedalieri per complicanze acute correlate all’ipoparatoroidismo con una durata media di ricovero di circa 7 giorni.
“L’ipoparatiroidismo è una patologia considerata rara che ha conseguenze su diversi organi ed apparati del nostro organismo e che, di conseguenza, ha un impatto notevole sulla qualità della vita. Una diagnosi tempestiva e accurata è quindi fondamentale per prevenire complicanze e migliorare la qualità di vita dei pazienti. La complessità della diagnosi e della terapia dell’ipoparatiroidismo richiede una gestione clinica altamente specializzata. Per questo, l’innovazione nei modelli organizzativi assume un ruolo cruciale, facilitando percorsi integrati e continuità assistenziale. Diventa indispensabile una collaborazione multidisciplinare tra endocrinologi, nefrologi, neurologi, cardiologi e altri specialisti per una presa in carico efficace e personalizzata del paziente. Di conseguenza, sarebbe di estrema importanza identificare strutture qualificate che consentirebbe di standardizzare i protocolli, promuovere la ricerca e offrire ai pazienti un punto di riferimento chiaro e accessibile”, ha spiegato Jacopo Chiodini, Professore Associato Endocrinologia Dipartimento di Biotecnologie Mediche e Medicina Traslazionale Università degli Studi di Milano e Direttore SC Endocrinologia ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda
“L’ipoparatiroidismo è una condizione poco conosciuta e rara, interessa infatti circa 6-30 persone ogni 100.000 abitanti, in cui le ghiandole paratiroidi non producono quantità sufficienti di ormone paratiroideo, PTH, con conseguente squilibrio nel metabolismo del calcio. Questo conduce a sintomi che possono andare da formicolii e crampi muscolari fino alla crisi tetanica. La qualità della vita dei pazienti che convivono con questa condizione è frequentemente profondamente compromessa. Le conseguenze a lungo termine di questa patologia sono inoltre rappresentate da un ampio corredo di complicanze sistemiche. L’ipoparatiroidismo è l’unica patologia endocrina da carenza ormonale per cui storicamente non sia disponibile una terapia ormonale sostitutiva. La cosiddetta terapia convenzionale infatti consiste nell’integrazione con metaboliti attivi della vitamina D e calcio per via bocca. Per quanto efficace in molti pazienti nel controllare sia i sintomi che i livelli ematici di calcio, questa terapia risulta da un lato inefficace in una quota non trascurabile di casi mentre dall’altro può comportare essa stessa complicanze a lungo termine, principalmente a livello renale. In epoca più recente la ricerca ha portato allo sviluppo e alla sperimentazione clinica di diverse molecole, identiche o simile al paratormone, in grado potenzialmente di ottimizzare il controllo di malattia e la sintomatologia ad essa correlata”, ha dichiarato Giovanna Mantovani, Professore Ordinario Endocrinologia Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità Università degli Studi di Milano e Direttore SC Endocrinologia Fondazione IRCCS Ca’Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano
“L’innovazione organizzativa nel campo della diagnosi, cura e follow-up dell’ipoparatiroidismo rappresenta un elemento cruciale per migliorare la qualità di vita dei pazienti affetti da questa condizione. L’ipoparatiroidismo richiede un approccio multidisciplinare che integri diverse competenze mediche. La digitalizzazione della cartella clinica e l’implementazione di sistemi informatici avanzati possono consentire accesso rapido ai dati clinici, facilitando sia la diagnosi, che per le patologie rare sappiamo essere di diversi anni dalla comparsa dei sintomi, che decisioni terapeutiche precoci e personalizzate. In aggiunta, l’uso di telemedicina per il monitoraggio continuo delle condizioni dei pazienti offre opportunità per un follow-up più efficace, riducendo la necessità di visite fisiche ripetute. Inoltre, la creazione di reti di supporto per pazienti e caregiver favorisce un approccio proattivo nella gestione dell’ipoparatiroidismo, contribuendo a una migliore integrazione dei percorsi assistenziali. La Societa’ Italiana di Medicina Interna e’ in prima linea per sensibilizzare e promovuore la consapevolezza clinica nei confronti dell’ipoparatiroidismo e delle malattie rare”, ha detto Nicola Montano, Presidente SIMI (Società Italiana di Medicina Interna)