Ad Anacapri la Società scientifica traccia la strada per il futuro

Sanità, innovazione e sostenibilità: l’Intelligenza artificiale e le nuove tecnologie digitali miglioreranno l’efficienza della macchina assistenziale, garantendo la tenuta di Asl e ospedali cronicamente a corto di risorse e di personale ma servono regole e strumenti adeguati per garantire la centralità del medico e dello specialista che grazie agli strumenti digitali avranno l’opportunità di dedicare più tempo alla relazione di cura, elemento irrinunciabile per il successo delle terapie.
Sono questi i temi affrontati nel convegno internazionale di Neurologia “Technology Live Aid”: una tre giorni di sessioni e approfondimenti, letture magistrali e sessioni di discussione che si concludono domani, 26 maggio, ad Anacapri. Un appuntamento scientifico che si svolge sotto la direzione scientifica di Simona Bonavita, ordinario di Neurologia della Università Vanvitelli e di Luigi Lavorgna specialista presso l’Azienda ospedaliera universitaria Vanvitelli nonché coordinatore digitale della Società scientifica italiana di Neurologia.
“L’obiettivo dell’incontro di oggi – avverte il professor Alessandro Tessitore direttore clinica neurologica della Vanvitelli – è mettere in risalto la stretta connessione tra le tematiche di Intelligenza Artificiale, Big data e Digital Therapeutics con l’esperienza del mondo clinico neurologico. Questa integrazione potrà portare a nuove opportunità sia nelle modalità di rilevazione ed elaborazione dei dati clinici, che nelle modalità di cura ed assistenza”. Tra gli interventi da segnalare quello di Antonio Garofalo rettore della Parthenope, Richard Nicholas docente dell’imperial College di Londra, Alessandro Padovani presidente della Società scientifica italiana di Neurologia, Elena Salvatore ordinario della Federico II presso il dipartimento di scienze biomediche avanzate, Maria Triassi, ordinario di Igiene e direttore di dipartimento assistenziale presso lo stesso Ateneo. “La letteratura scientifica internazionale oramai ha dimostrato che il digitale è una realtà in grado di aiutare sia i neurologi nel management del decorso clinico delle patologie ma anche i pazienti nella loro quotidianità – aggiunge Lavorgna – le declinazioni dell’intelligenza artificiale, degli algoritmi decisionali, dei modelli di machine learning anche impiegati nel consulto via chat con i pazienti dipendono ovviamente dalla qualità dei dati caricati nel sistema. I vantaggi per gli specialisti sono importanti e vanno dal monitoraggio in remoto dei sintomi e segni, all’assessment clinico on line ed off line con ausili di telemedicina in modalità sincrona ed asincrona”.
“Le evidenze sperimentali dimostrano dunque la scalabilità delle soluzioni digitali nelle malattie neurologiche e l’importanza dell’interazione della tecnologia digitale in molti aspetti della ricerca e della pratica clinica più moderna – aggiunge Triassi – ma occorre fare attenzione a garantire che il tempo guadagnato dallo specialista ricada in una più profonda e cospicuo tempo da dedicare alla relazione di cure. Ciò vale anche nella formazione che si avvale degli stessi vantaggi ma il rapporto tra docente e studente non può essere delegato alla macchina in quanto la partecipazione emotiva alla cura come al trasferimento del sapere resta centrale”. Si tratta insomma di costruire un nuovo umanesimo nell’ambito della medicina che parta dall’uso sapiente dell’intelligenza artificiale al servizio dell’uomo sia esso medico o paziente.
Servono anche regole per garantire la qualità dei dati che alimentano gli algoritmi e il governo dei processi di IA, non per frenarla ma impiegarla meglio. Una sfida che è soprattutto una questione di equilibrio.
Intelligenza artificiale e nuove tecnologie digitali, innovazione nella diagnostica e nei processi assistenziali, formazione 4.0 sono anche il terzo paradigma per la sostenibilità dl Servizio sanitario in Italia e in Europa e in una Sanità divaricata tra le opportunità dell’innovazione e la sostenibilità di costi crescenti. “Gli algoritmi non sono emozioni – conclude Simona Bonavita – ma se ben strutturati danno risposte efficaci anche nel rapporto di cura come è emerso nella gestione di un gruppo di pazienti affetti da sclerosi multipla che soprattutto per quelli a più basso livello di formazione non hanno colto differenze tra la macchina e lo specialista ritenendo addirittura più “calda” la risposta di Chat Gpt rispetto all’umano. Cosa che non avviene per interlocutori laureati più adusi a un’interazione tecnica approfondita. Va anche detto – aggiunge – che la quantità di dati (Big Data) è in crescita ad una velocità strabiliante, raddoppiando ogni due anni. Abbiamo bisogno di sistemi di Intelligenza Artificiale per dare un senso, un contesto e un valore a questo grande flusso di informazioni”. “Con l’utilizzo in medicina dell’Intelligenza Artificiale si possono creare pertanto trattamenti e cure migliori, percorsi terapeutici personalizzati, alimentare la medicina di precisione, sviluppare nuovi farmaci e vaccini. Fondamentali anche le interfacce tra noi ed i sistemi di IA (sistemi di traduzione o applicazioni sul nostro telefono , sensori indossabili che monitorano i nostri parametri clinici, robots umanoidi per la riabilitazione cognitiva e motoria, robots non umanoidi, come i chatbot, sistemi di helpdesk, intelligenza artificiale generativa come chatGPT, avatar virtuali (digital twins, replica digitale della nostra storia clinica). Tutti aspetti che hanno ujna applicazione nelle malattie neurologiche croniche, che sono un paradigma dell’applicazione della salute digitale in generale ma anche degli studi sull’utilizza dell’AI.