Sepsi, anche negli ospedali di Napoli e provincia disponibile un nuovo test (eseguibile con un semplice emocromo) per individuare precocemente le sepsi. La sepsi è una risposta abnorme dell’organismo a uno stimolo infettivo (un batterio o un virus) e a parità di casi fa più morti dell’infarto. Non sempre in pronto soccorso si riesce a individuare precocemente lo sviluppo di una sepsi, basti pensare a quelle provocate dai meningococchi, agenti delle meningiti, ma anche dovute a pneumococchi e agli stessi virus considerando che le morti da Covid in molti casi nelle prime ondate erano provocate da sepsi. Una nuova possibilità, a costo zero, per individuare precocemente l’evoluzione di una infezione verso una sepsi (anche quelle dovute a infezioni urinarie oppure a ferite cutanee infette batteriemiche) consiste in una semplice analisi del volume dei monociti, una particolare classe di cellule deputate alla difesa dell’organismo dosati di routine con un semplice emocromo. Nuovi biomarcatori targati Beckman Coulter sono in grado appunto di calcolare anche questo parametro. Macchinari già installati all’ospedale di Pozzuoli, al presidio di Giugliano, a Betania, al Moscati di Avellino, in alcuni ospedali napoletani e in tantissime strutture italiane.

A darne notizia è Carlo Tascini, ex direttore di emergenza infettivologiche del Cotugno di Napoli e attuale direttore di Malattie infettive all’Università di Udine intervenuto alla Summer School promossa Motore Sanità in corso di svolgimento a Gallio in provincia di Vicenza. “La sepsi – spiega Tascini – è una patologia negletta, se diagnosticata in pronto soccorso ha una mortalità del 10 per cento, se arriva allo shock settico i casi fatali salgono al 50 % dei casi, dato stabile negli ultimi anni. Individuare precocemente un’evoluzione verso la sepsi salva centinaia di vittime”.

L’incidenza delle sepsi ha numeri elevati, 400 per 100 mila abitanti e non solo le meningiti portano a morte ma negli anziani anche una infezione urinaria o una ferita chirurgica possono evolvere negativamente.

“L’importante è riconoscerla subito e capirne la gravità – aggiunge Francesco Curcio ordinario di patologia clinica e medicina di laboratorio presso l’azienda sanitaria universitaria di Udine – esistono biomarcatori noti come la Pcr e la Procalcitonina (questa ultima indica l’invasione batterica dei tessuti), ma sono non del tutto specifici mentre il diametro medio dei monociti è un nuovo parametro molto attendibile e facilmente misurabile nella routine clinica. Se queste cellule sono più grandi siamo di fronte a un’infiammazione importante”. Un vantaggio clinico già disponibile in molti ospedale non solo campani, facilmente conseguibile con un semplice emocromo automatizzato con una attendibilità alta già validata con sperimentazioni scientifiche.