Terapie innovative: Puglia regione modello ma i tempi per l’accesso

in Italia sono troppo lunghi

La Regione Puglia è un modello in Italia per l’accesso alle terapie innovative ma nonostante i tempi celeri restano alcuni nodi irrisolti per portare tempestivamente al letto del paziente le nuove cure capaci di mutare la prognosi e il destino della cura in malattie come quelle oncologiche, reumatologiche e rare. I nodi da sciogliere restano soprattutto nella filiera nazionale che, dopo l’autorizzazione da parte di Ema, Ente europeo di regolazione è deputato a  portare il farmaco al letto del paziente in tempi brevi. 

Nodi affrontati in una tavola rotonda promossa da Motore Sanità a cui hanno partecipato tra gli altri Rocco Palese, Assessore Sanità della Regione Puglia Vito Montanaro, direttore Dipartimento Promozione della salute della Regione Puglia, Annamaria Parente, Presidente Commissione Sanità XVIII Legislatura Senato, Enrico Rossi, già Presidente Regione Toscana, Francesco Colasuonno, Responsabile registri di monitoraggio Aifa e ceentri prescrittori Regione Puglia, Evaristo Maiello, direttore Oncologia IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza, Rossella Moscogiuri, direttore dipartimento farmaceutico Asl Taranto.
“La Regione Puglia è fortemente orientata all’innovazione in un contesto nazionale in cui andrebbero corretti alcuni processi gestionali per un più rapido accesso” ha sottolineato Palese – l’accesso al prontuario terapeutico è garantito in base alle disposizioni emanate dalla Giunta regionale. Pertanto è garantito l’accesso immediato da parte dei cittadini a tali terapie. L’ultima parte, che riguarda l’erogazione dei farmaci a chi ne ha diritto, è subordinata all’espletamento delle procedure di acquisto da parte delle Aziende sanitarie  e del Soggetto aggregatore. I tempi tecnici sono gli stessi per la Puglia come per il resto del territorio nazionale, circa un paio di settimane.  E’ possibile perciò  che nell’arco di tre settimane l’accesso alle terapie innovative sia garantito sebbene permangano dei nodi irrisolti nella filiera nazionale”. 

“In Italia – ha sottolineato Enrico Rossi– le terapie innovative per curare meglio e con maggiore efficacia malattie degenerative come i tumori arrivano con ritardo rispetto agli altri Paesi Ue. Occorrono invece tempi certi e il rispetto del diritto del cittadino è avere un accesso veloce e tempestivo al farmaco e questo serve anche per attrarre investimenti”.  Tempi certi e uniformità di procedure dunque perché se l’innovazione è fatta bene ed è risolutiva non è una spesa ma un investimento.

Accesso alle terapie innovative, diritto alle nuove cure, alle medicine più efficaci in grado di orientare a prognosi, la guarigione o stabilizzare e cronicizzare le malattie oncologiche, reumatologiche, neurodegenerative e rare, garantire un rapido accesso a queste cure, superare gli ostacoli burocratici i nodi irrisolti in Italia sul fronte delle terapie innovative. Un farmaco licenziato con Ema dovrebbe avere un percorso rapidissimo ma Aifa impiega diversi mesi e un altro ritardo si accumula tra approvazione e disponibilità. L’Italia sconta ritardi di mesi ma “la Puglia è una regione modello – sottolinea Evaristo Maiello a capo dell’Oncologia della “Casa Sollievo della sofferenza” – tra le regioni italiane è tra le più pronte ad ad attuare le indicazioni di Aifa per questo settore”.

Nel nostro Paese occorrono circa 3 anni per accedere al farmaco da parte del paziente, 422 giorni da quando Ema fa scattare il disco verde, 1,5 anni i tempi per la rimborsabilità. L’Italia  è il 14° paese nella Ue come rapidità autorizzativa. Tempi lunghi a cui si aggiungono quelli delle Regioni che impiegano dai 4 ai 6 mesi per rendere disponibile un nuovo farmaco. Nonostante le buone pratiche la regione Puglia ne impiega 4.  Negli altri paesi i farmaci sono autorizzati e impiegati. Servono tempi rapidi e appropriatezza. 

 “Il sistema attraverso cui i pazienti hanno accesso ai farmaci innovativi – spiega Rossella  Moscogiuri,– è frammentato e non si riesce a uscire da questa confusione. Livello nazionale e regionale su questo fronte non si possono confrontare con la logica della spending review”. Già nel 2012 il tetto di spesa ospedaliera è stato un fallimento Negli ultimi anni la personalizzazione in oncologia, per artrite reumatoide e altre patologie neurodegenerative hanno fatto passi da gigante. I prontuari regionali? “Si possono abolire e restare in piedi solo per i farmaci di fascia C non rimborsabili se non in alcune situazioni. I trial clinici e i rapporti di efficacia non si fanno basandosi sui registri Aifa. Il mostro dei tetti di spesa ha creato negli anni gravi disfunzioni. I prontuari regionali non hanno più ragione di esistere.  Occorre garantire accesso alle terapie, sostenibilità finanziaria, valutazioni di impatto e outcome”. “La burocrazia deve dare regole precise ma si ritorce contro e arriva a ostacolare un diritto fondamentale” conclude Vito Montanaro.

La scheda

Era il 2016 quando l’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) lanciò PRIME (PRIority Medicines scheme), un programma nato con l’obiettivo di sostenere lo sviluppo di farmaci in patologie dove i pazienti presentavano dei bisogni terapeutici insoddisfatti. Tramite PRIME, l’EMA offriva supporto alle aziende per la generazione di dati affidabili su efficacia e sicurezza di un farmaco al fine di velocizzare il processo di valutazione e l’accesso al mercato.

In questi ultimi anni l’ente regolatore Italiano di autorizzazione all’immissione in commercio dei farmaci (AIFA) ha cercato di accelerare le procedure, attraverso diverse attività. In primis ha creato attraverso la sua Commissione tecnica (CTS), un sistema di valutazione dell’innovazione molto stringente e basato su 3 precisi criteri scientifici: Bisogno terapeutico, Valore terapeutico aggiunto, Qualità delle prove. Questa valutazione portava a definire come immediato l’accesso in ogni regione, bypassando i singoli prontuari regionali o territoriali, dando alle regioni il solo onere di stabilire quali centri sarebbero stati abilitati alla prescrizione della terapia innovativa. Ma restava ancora un passaggio indispensabile per poter rendere concretamente realizzabile e realizzato questo processo: l’istituzione di fondi nazionali dedicati che sgravassero le regioni da criticità eventuali di bilancio, rendendo un accesso equo ed uniforme su tutto il territorio Nazionale. L’Articolo 1 (commi 400 e 401) della Legge di Bilancio 2017 (n. 232/2016) ha così istituito due fondi, di 500 milioni di Euro ciascuno oggi trasformati in un fondo unico che sarà di anno in anno implementato (100Mln/anno) in base a nuove risorse disponibili.  Ma quando si parla di innovazione è molto importante comprendere come molte delle terapie introdotte che non entrano nei parametri valutativi AIFA sopra elencati, possano generare ricadute importanti sulla semplificazione e sull’aderenza alle cure così come sull’impatto organizzativo e assistenziale.  Ed è l’oncologia ad incidere sul 55% della spesa farmaceutica di cui 25 per costi diretti, 9% costi indiretti e mancato reddito del malato. Il Consiglio di Stato ha già bocciato la Regione Veneto che limitava l’accesso ai farmaci biologici. Le Regioni non hanno né le competenze né il potere di entrare nel merito delle scelte terapeutiche dei medici prescrittori condizionandone la libertà prescrittiva e non possono adottare provvedimenti che limitano la prescrizione di farmaci autorizzati per tutto il territorio nazionale e rimborsati dal Ssn. Le valutazioni su tecnica, appropriatezza, prescrivibilità e rimborsabilità spettano solo ad Aifa. Le Regioni non possono raccomandare ai medici di limitare l’uso di alcuni farmaci rispetto a quanto approvato da Ema e Aifa ciò comporterebbe una violazione dei Lea.